Paolo Monella, Esiste (e a che serve) l'umanista informatico? Profili di ricerca e scelte organizzative
L'annosa querelle sull'esistenza di una (trans)disciplina "Informatica umanistica" assume aspetti molto concreti per chi definisca un progetto di ricerca informatico-umanistico, e ancor più per chi progetti di istituire un centro di ricerca in tale ambito. In ultima analisi, la questione si incarna nella figura stessa dell'umanista informatico. Esiste, e serve, l'"umanista informatico" come profilo specifico? Se sì, quali sono le sue competenze e quale il suo ruolo?
A livello organizzativo, ad un centro di ricerca informatico-umanistico dovrà afferire personale stabile? Se sì, con che profilo? In che modo dovranno configurarsi le collaborazioni tra il personale del centro e il resto dell'Ateneo? Una struttura il cui personale stabile sia costituito da informatici "puri", cui gli umanisti strutturati dei vari dipartimenti dell'Ateneo "esternalizzino" gli aspetti "tecnici" dei progetti di ricerca, si troverebbe a fronteggiare, per ogni progetto, difficoltà di comunicazione – e dunque di collaborazione – tra persone che si sono formate su paradigmi radicalmente diversi.
Un centro di informatica umanistica dovrebbe invece includere degli umanisti informatici. Eppure paradossalmente un ateneo che cerchi studiosi con solide competenze informatico-umanistiche, ma anche strutturati o con un'abilitazione scientifica nazionale, avrà difficoltà a trovarne in Italia, perché a causa del fatto che non esiste un SSD per l'informatica umanistica in Italia, spesso chi si è abilitato ed inserito ha dovuto mettere in secondo piano l'informatica umanistica, e chi invece ha puntato su di essa trova difficoltà ad abilitarsi o ad inserirsi.