Elena Spadini, Studi sul Lancelot en prose
Abstract: In questa tesi è stato studiato il romanzo di Lancelot in prosa, a partire dai testimoni manoscritti del romanzo e seguendo due linee di indagine principali: le redazioni, ovvero i testi che danno forma al testo, e la dinamica tra di esse; l'ambiente in cui i testi e i manoscritti sono stati prodotti e nel quale hanno inizialmente circolato. L'ultimo capitolo, dedicato alla collazione automatica, risulta funzionale all'indagine sulla tradizione e permette di affrontare ulteriori questioni metodologiche. Nel primo capitolo, ci si è concentrati sui tempi e sui luoghi di composizione del Lancelot. La localizzazione dei manoscritti più antichi, tra Champagne e Borgogna, ben si accorda con lo spostamento della materia arturiana sul continente operata nel romanzo, che fa abile riuso delle cronache, e con l'ancoraggio a luoghi reali francesi, rispetto ad un territorio insulare più fantastico. Il Lancelot, vicino alla storiografia di stampo aristocratico per procedimenti di scrittura e valori proposti, potrebbe essere stato composto nei territori anglo-angioini persi dopo il trattato di Chinon (1214) – quando la nobiltà di queste terre dovette trovarsi in una situazione simile a quella di Ban de Benoyc, padre di Lancillotto, all'inizio del romanzo–; oppure, in un ambiente assai fertile per la materia di Bretagna, ovvero la Champagne, negli ultimi anni di autonomia prima dell'annessione alla corona francese. L'inserimento nella trilogia Lancelot-Queste-Mort Artu, invece, potrebbe essere avvenuta in un ambiente di influenza anglo-angioina, come indicano la dedica al re Enrico – e il conseguente riferimento a Gautier Map– e la provenienza anglonormanna dell'altro gruppo di manoscritti datati entro la prima metà del XIII secolo. Nel secondo capitolo si è affrontata la tradizione manoscritta di un blocco del romanzo, seguendo le direttrici metodologiche esposte nell'Introduzione. Dall'analisi emerge che, nel Galehaut, alcuni manoscritti di ragguardevole antichità presentano alternativamente lezioni delle redazioni breve e lunga: invece di ipotizzare l'esistenza di una redazione intermedia, frutto di una contaminazione di lezioni, si è proposto di considerarli testimoni di una redazione lunga (Lb) anteriore a quella comunemente definita tale (e ribattezzata La). Un antecedente di Lb, piuttosto che della redazione La, potrebbe inoltre essere alla base della redazione breve del romanzo. Di quest'ultima vengono messi in luce il carattere spiccatamente religioso, di spirito ortodosso, l'interesse per la morale e per il governo. Nel capitolo terzo l'attenzione è rivolta ad un testimone d'eccezione, uno dei più antichi manscritti a conservare il Lancelot e latore di una redazione mista, che passa dalla lunga alla breve, Paris BnF fr. 1430. L'analisi del codice indica che si tratta di un manoscritto di pregio, senza essere un oggetto di lusso, che integra, nell'apparato decorativo e nella lingua, elementi champenois con altri anglonormanni. Esso potrebbe essere stato prodotto in Champagne da un copista inglese. Il manoscritto si apre con il testo della redazione lunga (La), ma prosegue, a partire dall'episodio della Valle dei falsi amanti, con quello della redazione breve (B). Si tratta però di una versione particolare di quest'ultima (che abbiamo chiamato Bb), comune al gruppo 1430 e al codice di Grenoble. La redazione Bb, seppur presenti le scorciature della redazione breve, è l'unica a conservare la totalità e il corretto ordine della narrazione nella parte finale del blocco Galehaut: in questa porzione di testo, infatti, la redazione lunga inverte due episodi e la breve ne omette altri, compromettendo in entrambi i casi la logica e la fruibilità del racconto. Nel passaggio, poi, tra Galehaut e Charrette la redazione Bb, che si discosta sia dalla lunga che dalla breve, potrebbe essere la più vicina all'originale e non un rimaneggiamento. Il manoscritto 1430 è, inoltre, il più antico testimone ad integrare la figura di Galaad in aggiunta a quella di Perceval, aprendo dunque all'impianto ciclico del testo. Le sue caratteristiche codicologiche, champenoises e anglonormanne al contempo, potrebbero renderlo un testimone chiave, non solo per la formazione della redazione breve, come visto, ma anche per la formazione del ciclo, nel passaggio da un Lancelot propre francese a una trilogia composta nella mouvance anglo-angioina. Si torni, infine, ancora una volta sui caratteri della redazione breve: religiosità ortodossa, in primis, e forse una particolare attenzione alle questioni di governo. Questa riscrittura potrebbe provenire da ambienti monastici, nei quali donne potenti spendono l'ultima parte della loro vita – che, si ricordi, non sempre coincide con la vecchiaia–; la rete di conventi e abbazie potrebbe inoltre aver facilitato la circolazione tra Francia e Inghilterra. Si potrebbe a questo punto perfino ipotizzare che la creazione della redazione breve e della trilogia siano frutto dello stesso momento compositivo1, ipotesi che lasceremo però, in conclusione di questa tesi, da valutare in studi futuri. L'ultimo capitolo della tesi contiene anch'esso una questione aperta per il futuro: nella sezione Interpretazione e critica del testo, in particolare, abbiamo riflettuto sull'importanza di una valutazione critica dei procedimenti che utilizzano le ormai non nuove tecnologie e, nella sezione Critica del manoscritto base, si è trattato del legame tra innovazione metodologica e innovazione tecnica. Dalla storia della collazione automatica qui velocemente percorsa emerge la complessità dell'interazione tra filologia e informatica, dovuta in gran parte alla necessità di scomporre e rendere espliciti i momenti dell'analisi. Per riprendere, infine, le parole d'apertura di Ferdinand Lot, questa tesi, ci auguriamo, contribuisce a rendere il Lancelot in prosa sempre più conosciuto, oltre che celebre.
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