Abstract

Paolo Monella, L'insegnamento dell’informatica umanistica in Italia: questioni formative, disciplinari, istituzionali

(Questo è l'abstract del talk, ma negli atti del convegno non è stato pubblicato anche l'abstract) Come si insegna oggi l'informatica umanistica (DH) nei corsi di studio, triennali e magistrali, nei master, nei corsi di dottorato, nelle summer school e negli altri percorsi di formazione per studenti e ricercatori in Italia? La questione formativa è strettamente intrecciata a quella disciplinare e a quella istituzionale, ovvero da un lato alla definizione delle DH (come disciplina, trans-disciplina, semplice comunità legata a pratiche professionali), dall'altro al loro ruolo istituzionale nel nostro paese, anche in relazione alle politiche culturali della transizione digitale. Discuteremo qui separatamente, per pura comodità dialettica, dei corsi singoli e dei percorsi formativi. (A) I singoli corsi DH -- dalle materie (o laboratori) all'interno di corsi di laurea, ai seminari per dottorandi, alle summer school -- stanno utilmente disseminando competenze digitali nel mondo degli studi umanistici. Se però tali iniziative vengono concepite nel quadro di una concezione puramente strumentale delle DH, esse rischiano di trasformarsi in un mero addestramento all'uso degli strumenti attuali, che sono peraltro destinati ad essere rapidamente sostituiti. Quando ciò accade, si perde l'occasione di offrire una formazione ai principi specifici delle DH, formazione che sola permette di fare DH in modo consapevole, ripensando criticamente i processi di ricerca e generando vera innovazione metodologica e culturale. (B) D'altra parte, è tornato a crescere il numero dei percorsi formativi (laurea, master, dottorato) specificamente centrati sulle DH, anche in seguito all'istituzione della classe di lauree magistrali LM-43, "Metodologie informatiche per le discipline umanistiche". Tali iniziative costituiscono probabilmente il laboratorio più promettente per un'informatica umanistica che apra nuove prospettive culturali e di ricerca. Qui la questione disciplinare e quella istituzionale si pongono con ancor maggiore evidenza, almeno a due livelli: (B.1) Nella progettazione e nella gestione di tali percorsi. Se si ritiene che non esista un proprium disciplinare o metodologico delle DH, sarà sufficiente realizzare una 'fusione a freddo' tra docenti e insegnamenti provenienti da un dipartimento umanistico e uno scientifico. Se invece si ritiene che tale specificità esista, e se su di essa si vuole centrare il percorso di studio, sarà necessario reclutare stabilmente un certo numero di docenti che siano specialisti DH. In Italia, però, ciò è assai problematico, perché l'assenza di un settore scientifico disciplinare (SSD) per le DH rende difficile l'accesso all'abilitazione scientifica nazionale (ASN) e a posizioni stabili a quanti abbiano fatto delle DH il fulcro del proprio profilo scientifico. L'intero sistema di reclutamento (ASN, concorsi) e valutazione (ANVUR) è infatti saldamente -- e rigidamente -- ancorato al sistema degli SSD. (B.2) Nella fase dell'inserimento nel mondo del lavoro. Chiedersi quale sia il ruolo dell'umanista informatico -- ad esempio di un laureato in una LM-43 -- nel gruppo di lavoro di un progetto di ricerca umanistico, in una start-up che operi nell'ambito dei beni culturali, nella pubblica amministrazione, negli organigrammi della scuola o in quelli dell'università, equivale a chiedersi -- solo in una chiave più pratica -- quale sia il ruolo delle DH nel quadro complessivo degli studi umanistici e sociali, e anzi nel quadro ancora più ampio della transizione digitale.

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