Abstract (689 parole)

Paolo Monella, Esiste (e a che serve) l'umanista informatico? Profili di ricerca e scelte organizzative

L'annosa querelle sull'esistenza di una (trans)disciplina "Informatica umanistica" assume aspetti molto concreti per chi definisca un progetto di ricerca informatico-umanistico, e ancor più per chi progetti di istituire un centro di ricerca in tale ambito.

In ultima analisi, la questione si incarna nella figura stessa dell'umanista informatico. Esiste, e serve, l'"umanista informatico" come profilo specifico? Se sì, quali sono le sue competenze e quale il suo ruolo?

In più di vent'anni di ricerca informatico-umanistica si è ampiamente praticata la modalità organizzativa che prevede, all'interno di un progetto scientifico, una cooperazione tra umanisti "puri" con competenze informatiche limitate e puramente strumentali, e ricercatori (ma più spesso tecnici) informatici senza competenze umanistiche. Tale configurazione si è ripetutamente dimostrata fallimentare, innanzitutto per le inaspettate difficoltà di comunicazione tra persone che si sono formate su paradigmi radicalmente diversi. Il mio parere è che sia spesso mancata, in tali gruppi interdisciplinari, proprio la figura e la centralità dell'umanista informatico, ovvero di uno studioso che abbia approfondito gli aspetti metodologici che stanno al cuore dell'Informatica umanistica e che possa dunque impostare le questioni di ricerca umanistiche tenendo presente l'impostazione formale/algoritmica imposta dall'informatica, e adattare ad esse metodi e strumenti informatici tenendo presenti le questioni e gli obiettivi umanistici.

La stessa questione si proietta sull'organizzazione di un centro di ricerca informatico-umanistico. Escludiamo in partenza l'ipotesi di un centro di servizi che fornisca pura assistenza tecnica senza alcun profilo scientifico (ad es. database e siti web), per la quale attività basteranno le strutture già esistenti, costituite da informatici "puri" e spesso da tecnici. L'attività principale di un vero centro di Informatica umanistica consisterà dunque nell'elaborazione e nello svolgimento di progetti di ricerca con tale impostazione, con le sue sole forze o, più probabilmente, in collaborazione con altri studiosi (umanisti) dell'Ateneo. Per ogni progetto curato dal centro si riproporrà dunque la questione, delineata sopra, delle figure coinvolte in un gruppo collaborativo di ricerca.

Più specificamente, dal punto di vista degli organizzatori della nuova struttura: al centro dovrà afferire personale stabile? Se sì, con che profilo? In che modo dovranno configurarsi le collaborazioni tra il personale del centro e il resto dell'Ateneo? Un primo vicolo cieco va purtroppo menzionato: quello di una struttura che abbia una pura esistenza giuridica, cui di fatto non afferisca nessuno. Un secondo scenario, non meno insidioso, è quello di una struttura il cui personale stabile sia costituito da informatici "puri", cui gli umanisti strutturati dei vari dipartimenti dell'Ateneo "esternalizzino" gli aspetti "tecnici" dei progetti di ricerca informatico-umanistici: dei rischi connessi ho già detto sopra.

Un centro di informatica umanistica dovrebbe invece includere degli umanisti informatici. Ma dove trovarli? L'Ateneo dovrebbe avere al suo interno, o reperire sul mercato del lavoro, strutturati con un solido profilo specifico nel campo.

Qui la questione si sposta però ad un altro livello: negli anni Novanta l'Italia ha decretato che l'Informatica umanistica non esistesse. Il Ministero competente ha scelto di non istituire per essa uno specifico SSD (Settore Scientifico Disciplinare), cioè di non considerarla una disciplina ma un insieme di strumenti e pratiche che costituiscano parte della formazione degli umanisti dei vari settori. Una scelta che oggi porta ad esiti assai problematici. Per ottenere l'ASN (Abilitazione Scientifica Nazionale), ed ai fini di ogni ulteriore valutazione della sua ricerca, un umanista informatico oggi in Italia deve pubblicare il doppio di qualunque altro umanista: da una parte deve studiare, realizzare progetti e pubblicare quanto è specifico dell'Informatica umanistica, se vuole raggiungere competenze serie in materia; dall'altra, deve pubblicare saggi di contenuto, impostazione e modalità di diffusione più tradizionali. E sarà valutato solo sulla base di questi ultimi. Questo necessariamente comprime, nell'attività di ogni umanista informatico, lo spazio dedicato agli aspetti informatico-umanistici, e fa sì che abbiano più probabilità di "entrare all'università" quanti abbiano più compresso tali aspetti. Il risultato paradossale è che quando un'università italiana lanci un centro di ricerca e corsi di studio in questo ambito, e cerchi studiosi che abbiano un solido profilo informatico-umanistico, abbia difficoltà a trovarli in Italia, e debba cercarli all'estero -- semplicemente perché gli umanisti informatici italiani non si abilitano, mentre nelle assunzioni dall'estero i rigidi confini delle SSD non si applicano.

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