Abstract

Michael Reeve, Stemmatic Method: «Qualcosa che non funziona»?

Già pubblicato in The Role of the Book in Medieval Culture Turnhout 1986 pp. 57-69 (cfr. MEL XI 3394). Il metodo stemmatico si fonda sull'assunto che i copisti, nell'operazione di trascrizione, compiono degli errori: da questo deriva la possibilità di eliminare, nella ricostruzione del testo, i codici che presentano errori congiuntivi. Alcune critiche sono state rivolte al metodo stemmatico sia per quanto riguarda la sua effettiva funzionalità ed efficacia, sia da un punto di vista teorico. L'A. affronta in particolare il problema della diffusione di stemmi bipartiti, partendo dagli studi di J. Bédier e confrontandosi con le teorie di A. Castellani e, soprattutto, S. Timpanaro, il quale si occupa dell'argomento nell'«Appendix C» del suo volume La genesi del metodo del Lachmann, con riferimenti agli studi di G.B. Alberti. L'A. si inserisce nel dibattito intorno allo stemma bipartito portando quattro argomentazioni da lui stesso classificate rispettivamente come fattuale, matematica, storica e metodologica: ogni osservazione è ampliata con esempi. L'attenzione è concentrata soprattutto sul quarto argomento nel quale l'A. risponde a un'affermazione del Timpanaro secondo cui «in un procedimento di classificazione genealogica dei codici che conduce quasi sempre a stemmi bipartiti c'è qualcosa che non funziona». Toccando diversi aspetti della questione, tra i quali la possibilità di definire alcuni errori più o meno significativi di altri, la contaminazione e l'interpolazione, l'A. conclude confermando la validità del metodo stemmatico. (Agnese Perego)

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