Appunti convegno "I (già) vecchi media" Palermo, 24 maggio 2011

Link alla notizia del convegno sul Corriere della Sera.

Saluti

Vittorio Corradino

Presidente Ordine Giornalisti Sicilia

L'ordine dei giornalisti è il meno adatto a parlare dei nuovi media perché legato ad una legge istitutiva del 1963.

Ricorda i giornalisti siciliani morti per la loro professione. Troppi.

Felice Cavallaro

Giornalista del Corriere della Sera, lavora a Palermo

M. G. Cutuli è morta non da embedded. Invece oggi i giornalisti spesso si trasformano in altoparlanti delle loro fonti.

Per l'ennesima volta le onde di un cellulare fanno interferenza con i microfoni.

Finora il "saluto" più lungo è stato quello del presidente dell'ordine giornalisti. Quello di Cavallaro, opportunamente brevissimo.

Tavola rotonda

Filmati iniziali

Il primo filmato mostra un sondaggio da cui si evince cosa gli italiani pensano dei giornalisti (tutto il male possibile).

Però sui singoli giornalisti, moltissimi italiani danno giudizi positivi.

Quando l'audio di questi filmati è pessimo, l'attenzione crolla (questo è il caso).

Beppe Severgnini

Beh, BSev è BSev!

16.40. Non appena prende la parola, la prima cosa che fa è chiedere se lo sentiamo: si vede la differenza.

Seconda cosa che fa: citare Montanelli, "il [suo] maestro".

Montanelli diceva: "Quando si fa un commento, due idee sono troppe" (ce ne vuole una sola).

Il giornalismo politico schierato sta prendendo quote di mercato (ad es. Fox News). La gente vuole sentirsi dire quello che fa loro piacere dal punto di vista del "tifo" politico.

Un motto sempre valido: "Parti senza un pregiudizio, torna con un giudizio".

Corradino Mineo

Direttore Rai News 24

16.50. I giornalisti sono odiati perché sono le vestali dell'immobilismo italiano.

Ad esempio, perché nessuno dei giornalisti ha annunciato che ci sarebbe stata la grande crisi finanziaria 08/09? O la rivolta araba?

La butta in politica, parlando ancora di Berlusconi.

Antonio La Spina

Docente di Sociologia, Università di Palermo

17.05. In Italia si legge poco (inclusi i giovani).

Due hostess rimangono in piedi a destra e a sinistra. Saranno pure le "responsabili di sala", ma a me paiono proprio messe lì per bellezza.

La Scuola di giornalismo a Palermo non esiste più da qualche anno.

Oggi non è obbligatorio avere una formazione universitaria per fare il giornalista in Italia.

La Spina cita Severgnini. Severgnini lo osserva impassibile. Una lezione di stile? (Mi lusinghi, ma io freddo come marmo, sono!)

È un problema che in Italia oggi non sia prevista una laurea specialistica in giornalismo (come in Spagna, Norvegia etc.)

Giovanni Pepi

Direttore Giornale di Sicilia

Alessandro Cannavò (che coordina la tavola rotonda) lo stimola dicendo che i new media digitali non coprono molto l'informazione locale.

Pepi esordisce citando "Savargnini" (più avanti invece azzeccherà il cognome).

Avevo sentito dire di Pepi che era snob. Il modo di parlare sembrerebbe confermare questo (pre)giudizio.

Pepi dice che quando un giornale va online, la versione online cresce e quella stampata crolla. Ora capisco meglio perché per anni, fino a poco fa anzi, il Giornale di Sicilia non ha avuto un sito web (sì, proprio così).

Non è in crisi il giornalismo, ma la carta stampata. Perché l'utente dovrebbe pagare per avere stampato quello che ha gratis online?

Termina lodando l'integrazione tra la TV (TGS), radio (RGS), la carta stampata (Giornale di Sicilia) e il sito web (del giornale), tutti curati da un unico gruppo di giornalisti. Resto ammirato dal coraggio che ha a citare il sito.

Interessante la spiegazione di come lavorano per integrare TV, radio e carta stampata.

Sullo stesso argomento ci sono livelli di interesse diversi: molti sono più interessati alla TV e al sito che al giornale (che uscirà solo l'indomani). Lo vede come un problema. Mi pare nella situazione migliore per guardare al domani.

La soluzione che Pepi confessa di usare è questa: prima fa uscire la notizia sul giornale, poi la manda sul canale TV. E però si vanta di usare in sinergia i vari canali (carta, TV, raido, web).

Lamenta che se perde lettori sulla carta stamata e ne guadagna sul web, non ritrova sul web gli stessi inserzionisti che ha perso sulla carta stampata.

Secondo filmato

17.25. Internet guadagna. Ma chi perde? Soprattutto la TV generalista.

A perdere non è l'informazione locale, che difficilmente si trova su internet.

Seconda cosa che fa: citare Montanelli, "il [suo] maestro".

Pepi ci lascia. Severgnini, il direttore di Rai News 24, possono stare. Lui ha impegni troppo più importanti.

Gli utenti non scelgono vecchi media o nuovi media. Usano gli uni e gli altri.

Difende l'utilità dell'Ordine dei giornalisti.

Per sentire meglio, Severgnini scende dalla tavola dei relatori e si siede a metà della sala. Si sforza quindi di capire, nonostante l'audio pessimo. Tipico dei migliori: cercare con umiltà di fare al meglio quello che c'è da fare (fosse anche sforzarsi si sentire cosa dice un video noioso con un audio pessimo).

Suggerisce che l'utente possa pagare qualcosa (non molto) per avere un marchio di qualità sui contenuti che trova sul web.

Marco Bardazzi

Caporedattore centrale de La Stampa

17.35. Si sta per scaricare la batteria del mio portatile.

La convergenza è già superata: si va già verso nuovi modelli.

Nel futuro ci sarà ancora bisogno di giornalisti? Due storie sono significative.

Prima storia: Wikileaks. Tutti accedono a tutto. 300.000 documenti di Wikileaks. Servono ancora i giornalisti? Servono a dare una chiave di lettura di tutti questi documenti, ingestibili per il lettore.

Seconda storia: le rivolte arabe. Il giornalista serve a spiegare cosa sta succedendo.

Twitter: a seconda di chi "segui", hai una prospettiva diversa sulla realtà. Meglio "seguire" un giornalista su un giornale. Il giornalista è un "testimone esperto" della reltà.

Problema: fare il giornalista ha un costo. Inoltre, è sempre più difficile trovare testimoni veramente esperti da mandare in Piazza Tahrir.

Il 2009 è stato un anno di crisi per il giornalismo. Nel 2010: riorganizzazione. Il 2011 ha portato due grandi storie (Wikileaks e rivolte arabe) che hanno portato più interesse per le news.

Negli USA il 2011 è l'anno in cui la pubblicità online ha superato quella su carta stampata. Presto questo arriverà anche in Italia.

Il giornalismo serve per costruire una narrativa comune.

Esempio: l'11 settembre. È andato più o meno come lo conosciamo noi, e come dice la narrativa comune di esso. Ma online si trova una pletora di versioni contrastanti su di esso.

Che dice? Che ci vuole la versione ufficiale della verità?

La mia batteria sta per finire. La ricarico un 20 minuti (non ho la presa qui vicino), e intanto prendo gli appunti su carta. poi li copio qui.

Giuseppe Di Piazza

Direttore di Sette

17.50 Scende la carta stampata, ma sale l'audience complessivo (inclusi i nuovi media).

I quotidiani in Italia non nascono (come altrove) come informazione di massa, ma di élite. Un'anomalia italiana.

La deregulation della TV privata in Italia per i primi 11 anni ha fatto sì che la pubblicità oggi in Italia si svenda, e che per il 60% vada alla TV.

Il futuro: i quotidiani stampati, sempre più di élite; i loro siti web: informazione di massa. I quotidiani, inoltre, devono produrre le news, non prenderle dall'ANSA.

Beppe Severgnini

18.05. BSev iniza il secondo giro di interventi.

Di nuovo lodato (stavolta da A. Cannavò), resta di nuovo impassibile. Ok, è questione di stile.

Rivoluzione digitale: una manna per i giornalisti-scrittori come lui. Ora è lo scrittore italiano più venduto negli USA.

"La stanza" di Montanelli era un proto-blog (contatto con i lettori).

La rubrica Italians: "la nostra emigrazione professionale". Se ne è occupato Report domenica scorsa. Questa "un po' è stata anche la mia storia".

Altro che Pepi!

Problema: coi new media ci guadagnono i singoli giornalisti-scrittori, ma non le aziende editoriali. È un problema industriale.

Elogia il modello del Corriere a pagamento sul cellulare.

Far pagare l'informazione sul web è impossibile. "Il dentifricio è uscito dal tubetto e non può più rientrare". Ha torto Murdoch.

Online si può fare pagare solo l'alta finanza e il porno.

Ma si può fare pagare su iPhone, iPad e altri supporti portatili.

Coradino Mineo

18.20. Stiamo facendo bene a parlare del problema concreto di come si raccoglie la pubblicità in Italia. Troppo peso all'audience.

Sul web c'è molta spazzatura, informazione non verificata.

Ci sono troppi libri scritti da giornalisti e auto-promossi sui mass media.

Terzo annuncio "...e finisco".

Marco Bardazzi

In questo secondo giro mi pare che (Severgnini a parte) si dicano cose un po' meno interessanti (e alcuni interventi diventano davvero troppo lunghi).

Non è una questione di cambiamenti di tecnologie, ma di credibilità da mantenere (e, in Italia, da riconquistare).

Giuseppe Di Piazza

Oggi i giornali sono sommergibili senza periscopio che viaggiano solo con vecchi sensitivi a bordo. "Il più giovane che ho in redazione ha 40 anni".

Il sindacato dei giornalisti ha difeso a spada tratta certi suoi privilegi impedendo l'ingresso ai giovani.

"Dobbimo svecchiarci, tornando a fare il vecchio lavoro, quello duro". Non riescono a parlare di nuovo se non in termini vecchi.

Se non assumiamo i giovani, presto non capiremo nulla. Non capiremo come il pubblico giovane vuole essere informato. Oggi i giovani si fanno il loro palinsesto sul web, su You Tube, su Corriere.it, su Rai.it.

Beppe Severgnini

Interviene fuori scaletta, per confermare che i giovani giornalisti di oggi sono molto bravi. L'aveva detto Di Piazza. Conferma anche BSev che i giornali non riescono a aiutarli perché hanno una grossa crisi e non possono offrire loro neanche uno stage.

La corporazione dei giornalisti ha persino impedito ai giornali di prendere i giornalisti giovani con uno stage.

BSev li paga comunque sempre, anche se è uno stage. La Gabanelli, dice BSev, sosteneva che lavorare per un anno gratis all'inizio è normale. BSev non è d'accordo.

Nessuno degli amici di BSev di Palermo è oggi a Palermo: sono tutti fuori. Stasera cenerà con uno solo, che poi lavora anche a Milano.

Giuseppe Di Piazza

I giovani erano bloccati anche prima della crisi a causa del corporativismo. Il principio è sempre stato che gli stagisti non devono essere presi, per paura del "blocco delle sostituioni": perché rubano il lavoro ai giornalisti disoccupati che d'estate devono essere presi con un contratto regolare.

Quanto al pagamento. Il giornalismo è come la psicoanalisi: "Se non paghi, non funziona".

Antonio La Spina

Conferma il timore del "blocco delle sostituzioni".

I giovani validissimi alla fine finiscono per lavorare negli uffici stampa dei politici, soprattutto al Sud, dove il settore pubblico è ipertrofico.

Molti dati hanno bisogno di verifica. Oggi i giornalisti perdono poco tempo per verificarli.

Corradino Mineo

19.05. Noi a Rai News mettiamo in gioco il nostro posizionamento, e diciamo quello che a noi pare probabile. Non giochiamo a fare i giornalisti imparziali e onnisciente.

Marco Bardazzi

Largo ai giovani, però noi giornalisti con esperienza non siamo da buttare via. Quando uno ha problemi di salute, va da un medico professionista.

Aneddoto: tempo fa si è presentato in readazione un medico che aveva lavorato all'estero e voleva raccontare loro una storia. Il direttore della Stampa ha detto di no: se vogliamo coprire quell'area del mondo, mandiamo un nostro redattore professionista. Ne è nata una discussione. Il direttore ha convinto il medico dicendo: "Se domani mi presento in sala operatoria da lei e voglio fare un'operazione a cuore aperto, me la fa fare?". A ognuno il suo mestiere.

Giuseppe Di Piazza

Sette è privo di informazione politica. Ci sono solo i commenti delle grandi firme su di essa. Bisogna abbassare il volume alla noiosissima politica italiana.

Sette punta più sugli interessi diretti della gente e sull'internazionalità.

Il periodico in Italia nasce come omnibus, deve raccontare tutto. E oggi in Italia finisce per parlare molto di politica. Per fortuna Sette si è potuto staccare da questo e dedicarsi ad altro - ad esempio sull'ecosostenibilità.

Beppe Severgnini

19.15. Il coordinatore (Cannavò) chiude con lui: è la chicca del convegno.

Cannavò gli fa la domanda lodandolo ancora. Lui esordisce con understatement.

Cosa vuol dire fare il giornalista negli anni 10, in tre parole? Unire i puntini.

Ironizza sul fatto che siamo ancora qui alle sette, e elogia la nostra pazienza: ci sa fare con un pubblico. Dimostra che bisogna mostrare attenzione al pubblico.

Gli piace quel che ha detto Bardazzi: a ognuno il suo mestiere. Tra parentesi, lo ringrazia (a distanza di tempo) dei complimenti che gli ha fatto prima.

Molto interessante: la gente non ha tempo per cercare le informazioni da sola, di cercare il bandolo della matassa. Il giornalista serve a questo.

Interessante: la gente non ha tempo.

Chiede alla hostess se sa cos'è il mirmicoleone.

Mito classico: il mirmicoleone (metà formica, metà leone); muore perché è indeciso su quel che è.

Nel mondo dei giornali ci sono troppi mirmicoleoni, troppi indecisi che non hanno capito che giornalismo fare.

A volte anche le cose vecchie fanno audience. Ad esempio, il suo viaggio Mosca-Lisbona in treno. Suo figlio di 18 anni ha visto un documentario (ben fatto) di un'ora sui varani.

Ci sono prodotti vecchi che si possono ancora fare bene e prodotti nuovi che sono come frutti lì pronti da cogliere. L'imoprtante è fare le cose bene, e non fare come il mirmicoleone, che non ha deciso cosa è.

Domande

Quanto paga oggi il fatto di non essere schierati, come la Stampa e il Corriere?

Marco Bardazzi: in ogni caso i giornali cartacei non hanno più spazi di crescita (ce l'ha solo il digitale). La crescita di Fox News (repubblicano) e di Huffington Post (democratico) dimostrano che conviene schierarsi, ma c'è ancora spazio per chi non vuole farlo. Inoltre, in Italia schierarsi significa dire se si sta con il premier o contro. Questa è però una ipersemplificazione della realtà.

Severgnini: schierarsi è rischioso. È male se prima ancora di leggere la prima riga di un opinionista sai già cosa ti dirà. Berlusconi ha trasformato la politica italiana in un film di Mel Brooks, in cui ne succedono di tutti i colori. E io lo dico. È pericoloso che la gente prenda decisioni politiche senza riflettere, e che la si possa conquistare con metodi pubblicitari. A questo servono i giornalisti: la gente non ha tempo, ma bisogna informarla e farla riflettere.

Cannavò: Il Corriere cerca di prendere posizione fatto per fatto, non per schieramento. Questo è molto faticoso, ma dà autorevolezza al Corriere. Al di là delle vendite, il Corriere è considerato oggi il giornale più autorevole.

Perché i nostri quotidiani hanno così tante pagine?

Bardazzi: "Il prodotto che noi offriamo al prezzo di un cappuccino è molto sottopagato". Non è una cosa negativa se è così ricco.

Cannavò: il giornale è fatto a 'fette', a sezioni. Ogni lettore legge quel che vuole. Inoltre oggi il quotidiano in Italia non si compra ogni giorno, ma ogni 2-3 giorni, per approfondire quel che interessa (3-5 articoli).

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