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Conclusioni

Giunti al termine dell'analisi, è tempo di tirare le somme. La controversia 2.7 è certamente uno dei documenti più importanti di cui disponiamo per un'analisi approfondita del fenomeno declamatorio, esaminato attraverso molteplici aspetti, stilistici, letterari, culturali e sociali in senso ampio. È importante sottolineare che questi prodotti delle scholae, pur con le dovute differenze, si inseriscono sul solco della tradizione formale, sancita dal De Inventione di Cicerone. Come abbiamo visto, infatti, le parole del testo ciceroniano inquadrano perfettamente la controversia. Purtroppo la perdita della parte finale non permette di gettare luce sull'epilogo, di cui non possediamo che uno stralcio, con tutti i problemi che esso non ha mancato di suscitare. Ho già espresso la mia opinione in proposito, suffragandola con il testo ciceroniano sull'epilogus (Inv. 1.98-109.30 per l'intera dissertazione sull'argomento). Ritengo probabile che la parte incompleta appartenga proprio alla conclusio, per cui la declamazione è quasi completa, fatto che contrasta con le declamazioni presenti nell'opera senecana: esse non sono riportate per intero, ma sotto un solo thema vengono analizzati le sententiae, le divisiones e i colores di tante controversiae pronunciate da altrettanti retori. Non sappiamo perché proprio questa declamazione sia completa, ma forse la profonda amicizia tra Seneca e Latrone potrebbe aver giocato un ruolo nella trascrizione e conservazione di una sua declamazione. Inoltre manca il commento dell'autore allo stile di Latrone e della controversia: gli excerpta non forniscono indicazioni in proposito, quindi non possiamo sapere se la parte mutila contenesse o meno le considerazioni di Seneca. Si può però avanzare una riflessione sui molteplici aspetti, già messi in risalto nelle note di commento. Un elemento di novità rispetto al quadro delineato dall'arpinate nell'ambito dell'oratoria, è la presenza della descriptio: le descrizioni nascono, secondo Quintiliano (Inst. 4.3.2.2), dall'ostentazione declamatoria, da un vitium che permea la schola e infetta il foro; esse infatti sembrano più dei pezzi di bravura, che il maestro inserisce per ostentare la popria abilità e non per migliorare la qualità della controversia. Le descriptiones di Latrone invece sono funzionali a condurre l'uditorio ad assentire all'argomentazione.

Non solo però l'aggiunta di parti del discorso rispetto a un'orazione forense, ma è soprattutto la codifica delle figure retoriche, realizzata mediante il tag @seg con l'attributo @ana e visualizzata tramite colori diversi per ogni figura retorica, a rendere ancora più manifesto il modo in cui il declamatore si serve degli schemata per rafforzare la sua argomentazione. Le figure del silenzio (reticenza, preterizione) hanno lo scopo di tacere ciò che potrebbe nuocere (maggiormente il fatto che la moglie ha rifiutato per tre volte le profferte del mercante) e contemporaneamente richiamare l'attenzione sui due protagonisti del misfatto, la matrona e il mercator; le allusioni sono chiaramente percepibili dal lettore. Le anafore richiamano la sua attenzione sui concetti cardine della argumentatio: la pudicitia (cf. 124.3-5), la sfrontatezza del mercante (cf. 123.17-18 e 123.21-22), l'amore del marito (cf. 124.10-11). I punti di contatto tra altri generi letterari e il fenomeno declamatorio, evidenziati nelle note di commento, si inquadrano in un clima di sinergia che coinvolge le scholae e il mondo intellettuale. Se già dall'argumentum, come abbiamo visto, possiamo ritrovare elementi di una novella, da cui potrebbe derivare il thema, più consistenti invece sono quelli tratti dall'elegia. Naturalmente la presenza del legame coniugale al posto dell'amore elegiaco espressamente extraconiugale è una delle più vistose differenze, ma altri elementi permettono di ravvisare dei punti di contatto: anzitutto la forte passione del marito (cf. 124.16 adamata est); il mercante è apostrofato come dives amator (cf. 121.2), il ricco che con la sua sfrontatezza tenta di sedurre la matrona; l'oggetto della passione, una donna avida che con i suoi artifizi cerca di ottenere maggiori ricchezze (cf. 123.2-3). Le influenze con l'elegia non possono che indicare un clima culturale che durante l'Impero è permeabile alle influenze della schola e, viceversa, le scuole di declamazione erano rette da uomini colti, magari in contatto con le novità letterarie dell'epoca; desidero ricordare che due tra i maggiori poeti elegiaci dell'età augustea, Tibullo e Properzio, sono contemporanei di Latrone, in quanto il primo nacque tra il 50 e il 55 a. C. e morì nel 19 o 18 a. C, mentre il secondo nacque tra il 49 e il 47 a. C. e morì presumibilmente nel 15 d. C. Ritengo dunque probabile che un contatto con la produzione elegiaca ci sia stato, spie evidenti sono state rintracciate nel testo. Le controversiae nascono da opposizioni: un caso giudiziario, seppure fittizio, è tale perché esistono due parti venute a contesa; la declamazione ha l'opportunità di esaminare i contrasti all'interno della società e della cultura latine, perché, presentando spesso casi limite, forzano il retore a riflettere sui meccanismi sottesi ad esempio al contrasto tra marito e moglie, tra padre e figlio, tra matrigna e figliastro. Qui troviamo la contrapposizione tra matrona pudica e impudica, tra marito e moglie, tra ricchezza guadagnata con fatica e ricevuta in eredità. I modelli sottesi alla declamazione di Latrone vengono ricavati dal mos maiorum, per cui viene tratteggiata la figura della matrona irreprensibile sulla scorta del mito di Lara/Tacita: la matrona pudica è quella che usa moderatamente la parola e non fa parlare di sé. La gara di accrescimento delle ricchezze della domus, che ha visto la moglie vincitrice, oppone il tema di una ricchezza onesta, che è la base dei modesti beni del marito. Cosa risulta determinante nelle parole del retore? Il mos maiorum acquista forza, diventa l'archetipo su cui porre un aspetto di vita quotidiana, perché di questo si sta parlando nella controversia, di una disputa all'interno della familia, in cui il pater familias cerca di proteggere i suoi diritti. Altro tema importantissimo è il testamento: poco attento agli aspetti legali, se non per la menzione della formula legale con cui si designavano gli eredi, il declamatore si sofferma sul'elogium del mercante. Secondo Champlin 1989, non era insolito apporre motivazioni alla constitutio heredis, anzi era una pratica usuale, tanto che la stessa parola designava appunto una clausola che specificava il carattere dell'erede; lo studioso cita proprio la nostra controversia come esempio, poiché il mercante loda la pudicizia della donna. Abbiamo visto che Latrone rovescia questa lode, squalificando il giudizio del mercante; ciò colpisce in profondità tutto il sistema del testamento, momento della vita del civis Romanus in cui la vita privata e la vita pubblica si incontrano in un momento di sincerità, dove si possono dare giudizi positivi o negativi sugli eredi o sui diseredati. Ultimo aspetto è la codifica. Essa è stata utile a saggiare come la tecnologia possa aiutare a strutturare un commento a un testo in maniera tale da poter far coesistere entrambe le versioni, quella a schermo e quella a stampa. Una differenza sostanziale è la possibilità di codificare in un unico sistema-edizione complesso prospettive analitiche diverse. Ritengo che ancora si potrebbero migliorare gli strumenti a disposizione dell'utente, soprattutto per snellire il processo di codifica e per creare uno strumento ancora più duttile, che risponda alle esigenze più varie di chi studia e desidera cimentarsi di volta in volta in un argomento diverso.